A Venezia, tra Palazzo Grassi e Punta della Dogana (entrambi spazi espositivi della Fondazione François Pinault), 189 opere dell’artista nato a Bristol 51 anni fa sono state esposte in un colossale gioco di suggestioni, stupore e incredulità.
Leggenda vuole che le opere d’arte in esposizione, insieme a gioielli e monete, siano stati recuperati nel 2008 dalla nave “Apistos” (“Incredibile”), affondata 2000 anni fa al largo della costa del Sudafrica e che Hirst ne abbia finanziato il recupero ed il restauro.
Un carico appartenuto al liberto di Antiochia, Aulus Calidius Amotan, noto come Cif Amotan II, e destinato ad allestire un tempio dedicato al Dio Sole.
In realtà, in un lavoro durato un decennio, Hirst ed i suoi collaboratori hanno creato sculture e statue di bronzo, oro, acciaio, resina, impreziosite da gemme e cristalli, ricoperti di alghe, spugne e coralli.
La mostra è aperta al pubblico fino al prossimo 3 dicembre 2017. Vale la pena visitarla ed approfittarne per visitare anche la Biennale di quest’anno che espone opere splendide come “El problema del Caballo” di Claudia Fontes e le immense mani di Lorenzo Quinn.
“Demon with Bowl”, la colossale scultura di Damien Hirst nell’atrio di Palazzo Grassi. La statua acefala, in resina, alta 18 metri introduce ai “Tesori del naufragio dall’Impossibile”
L’artista inglese si è lasciato ispirare dal mondo delle divinità egizie, greche, induiste senza disdegnare i personaggi delle favole di Walt Disney.
Negli spazi espositivi immagini e filmati raccontano i momenti del recupero del tesoro sommerso.
Tra realtà ed illusione, miti e archetipi, antico e contemporaneo, la personale dell’artista più famoso e controverso del momento, è metafora del mondo dell’arte :”Tutto sta – ha dichiarato Hirst -in quel che volete credere. Credere, a volte, è molto più forte e importante della verità”.